Come nasce (davvero) una narrazione audio-video secondo il metodo GereBros
Nel momento in cui un’idea si affaccia alla mente sotto forma di voce, di suono, di ritmo interno, spesso è lì che nasce un podcast. Ma ciò che sembra semplice all’ascolto — una conversazione ben condotta, una serie di episodi coerenti, una regia pulita — in realtà è il frutto di un processo molto più articolato, che intreccia visione editoriale, pensiero narrativo e cura realizzativa.
Per chi, come GereBros, si muove da sempre fra parola, scena e immagine, il podcast non è mai solo audio. È un progetto narrativo con un’identità precisa, che prende corpo nel tempo, nello spazio, nella voce e nello sguardo.
Ed è proprio questa intersezione tra linguaggi — sonori, visivi, performativi — a costituire il cuore del nostro metodo.
La progettazione non inizia con il microfono acceso.

Tutto comincia molto prima. Non con la scelta del titolo o della sigla d’apertura, ma con domande fondamentali:
Cosa vogliamo dire? A chi? E soprattutto: perché adesso?
Queste domande aprono lo spazio per un lavoro editoriale che ha la stessa dignità di una sceneggiatura teatrale o di una regia cinematografica.
Il tono, il ritmo, il taglio narrativo, la presenza o assenza di un conduttore riconoscibile, la forma degli episodi, il tipo di linguaggio usato… tutto viene pensato in funzione dell’identità e del pubblico.
Nel caso di Overfitting, ad esempio, la sfida era raccontare l’intelligenza artificiale evitando sia l’approccio specialistico da convegno tecnico, sia la banalizzazione da social media.
Da qui l’idea di un podcast-video dove le conversazioni sono affidate a voci credibili, capaci di aprire domande senza pretendere di chiuderle.
Ogni episodio è costruito come una piccola scena autonoma, in cui il tempo dell’ascolto è rispettato e mai riempito a forza.
Il formato visivo rafforza questa dimensione, ma non la spettacolarizza: l’immagine segue la voce, non la sovrasta.
Un podcast è anche un ambiente
Nel progetto Open Studio, il podcast si fa live streaming, con una programmazione fluida, un palinsesto aperto e in continua evoluzione.
Ogni appuntamento è pensato come un vero e proprio incontro, con il pubblico connesso da remoto o presente fisicamente, a seconda delle occasioni.
La particolarità di Open Studio è che non è un podcast che diventa video, né un video adattato all’audio: è uno spazio ibrido, in cui la parola vive insieme all’immagine, in tempo reale, e si confronta con il qui e ora dell’interazione.
Non c’è post-produzione che corregga o “abbellisca” — la forza sta nella regia live, nella costruzione del contesto, nella preparazione invisibile che rende tutto apparentemente spontaneo.
Anche qui, però, nulla è davvero improvvisato.
Ogni puntata nasce da un’intenzione chiara, da un’idea di racconto, da un ritmo pensato.
La regia è presente in alcuni momenti come guida silenziosa che tiene tutto insieme, in altri intervenendo, aggiungendo uno spaccato di ciò avviene dietro le quinte.

La cura tecnica è parte della narrazione
Che si tratti di un podcast registrato in studio o di un flusso live trasmesso in streaming, la componente tecnica non è mai separata dal pensiero narrativo.
Audio, luci, inquadrature, post-produzione, sound design: tutto concorre a costruire l’esperienza.
Nei progetti GereBros, l’elemento distintivo è proprio questo: la visione registica è già presente in fase di ideazione, e la realizzazione tecnica la segue, la traduce, la rende concreta.
Non si tratta di “appoggiare” la regia su un contenuto già deciso, ma di progettare con la regia in mente fin dall’inizio.
E questo vale sia per un dialogo registrato in cuffia, sia per una diretta multipiattaforma con interazioni in tempo reale.
La forma è sostanza
Alla fine, un buon podcast non si misura solo dalla qualità della voce o dalla profondità dei contenuti, ma dalla capacità di costruire un’esperienza coerente.
Che sia ascoltato in auto, in cuffia mentre si cammina, o guardato su uno schermo, ciò che resta è la sensazione di essere stati portati da qualche parte.
E questo — ancora una volta — ha a che fare con la regia.
Con la capacità di creare uno spazio narrativo riconoscibile, in cui chi ascolta si senta accolto, stimolato, coinvolto.
Il podcast, in questa prospettiva, non è mai solo un formato, è una possibilità espressiva.
E, se trattata con cura, diventa una forma d’arte.
