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Ci sono cose che non è facile esprimere a parole, ma si percepiscono (e la regia è una di queste)

10 Giugno 2025

Articolo di Giorgia Rossato

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Ci sono esperienze che lasciano una traccia senza passare per le parole.
Un evento, ad esempio, può non avere nulla che stoni, nulla che urti l’occhio o l’orecchio, nessuna sbavatura evidente. Ma basta restarci dentro qualche minuto per capire se qualcosa funziona davvero o no.
Non si tratta solo di contenuti, né di effetti speciali, né tantomeno di efficienza organizzativa.

È qualcosa di più sottile, che riguarda il modo in cui tutto si tiene.
Il tempo, il fluire, lo spazio tra le cose.
L’insieme.

Una persona magari non saprebbe spiegare perché, ma lo sente.
Lo sente nel corpo. Nella qualità dell’attenzione, nel respiro della sala, nella voglia — o nella “fatica” — di restare.
Un evento può essere formalmente impeccabile, eppure risultare faticoso.
Oppure può avere delle imperfezioni, ma possedere un’energia capace di catturare.
È lì che si gioca la differenza tra “evento” e “esperienza”.

GereBros – event factory – Neos – Christmas event meeting

La regia non è un mestiere solo tecnico. È una competenza percettiva.

Chi si occupa di regia — vera regia, intesa come capacità di tessere il tempo di una narrazione collettiva — sa che il ritmo non è un dettaglio da sistemare a fine progetto.
È l’ossatura invisibile dell’intero impianto.
Il ritmo regge l’atmosfera, modula l’intensità, guida la relazione tra ciò che accade e chi lo osserva.

E non è una questione di gusto.
È una questione di sensibilità, di profondità di visione, di presenza all’ambiente.
Perché ogni evento, per quanto possa assomigliare ad altri, è un organismo a sé.
Con un contesto, una temperatura emotiva, un pubblico, un’identità comunicativa che chiede coerenza e misura.
E il compito della regia è proprio questo: riconoscere la specificità di quel contesto e dargli forma nel tempo.

Quando la regia è integrata nel pensiero progettuale, tutto cambia.

Ci sono luoghi di lavoro dove la regia non è un passaggio finale, ma un principio fondativo.
Dove non arriva alla fine “per aggiustare”, ma sta già dentro alle prime domande.
Luoghi dove l’ideazione è già permeata da uno sguardo registico: uno sguardo che connette contenuto, estetica, tono, ritmo, ambiente.

In questi contesti progettuali, la regia non è un valore aggiunto: è il modo in cui si pensa.

GereBros – Photo Factory – NC Awards 2016

Accade, ad esempio, in progetti come gli NC Awards, dove l’identità narrativa di ogni edizione è costruita su un arco drammaturgico preciso, mai lasciato al caso.
Oppure nel Premio Dona, capace di trasformare una classica premiazione in un’occasione di ascolto attivo, grazie a un intreccio calibrato tra ritmo degli interventi, pause visive, ambientazione e tono.
O ancora in eventi complessi come Inclusion Ongoing di Enel, articolati su più tappe, ma condotti da un’unica linea narrativa coerente e riconoscibile, che permette al pubblico di sentirsi parte di un percorso, e non solo spettatore.
Anche la regia live integrata con la comunicazione social di Forum HR ha mostrato come il ritmo non sia solo una questione “di sala”, ma anche di percezione estesa nel tempo digitale.

In tutte queste esperienze, il ritmo non è stato un’aggiunta estetica. È stato il codice interno dell’intero progetto.

E poi, ci sono quei momenti in cui percepisci l’assenza

Resta impressa — più di tante altre — un’esperienza vissuta da spettatore.
Un evento di cui si poteva dire tutto il bene possibile: organizzazione precisa, speaker rilevanti, logistica impeccabile.
Eppure, a un certo punto, le persone hanno cominciato ad alzarsi. Una alla volta, poi a gruppi, con la discrezione di chi sa che non è colpa di nessuno, ma che ha capito che non vale più la pena restare.

Perché succede?
Cos’è che porta un pubblico, anche ben disposto, a scegliere di uscire prima della fine?
Forse, semplicemente, quel progetto non è stato abbastanza convincente.
Non nel contenuto, ma nella sua forma viva.
Mancava il ritmo. Mancava un’idea di insieme.
Quella forza silenziosa che tiene tutto, senza bisogno di dichiararsi.

E allora la domanda resta aperta:
quante volte, in un evento, ci si accorge di qualcosa che non si sa spiegare, ma che determina tutto?

GereBros – Photo Factory – Enel – InclusionOngoing – 2019

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